Chi mi segue e si è un po’ documentato sul metodo EDA, sa che l’obiettivo del metodo è individuare e distruggere i NED.
I NED, l’ho già spiegato in altri posts, sono i Nuclei Emotivi Distrubanti, vale a dire quei pensieri inconsci che sono la causa delle reazioni ed emozioni indesiderate che tanto disturbano la nostra vita.
I NED sono registrazioni nel subconscio od inconscio che si “attivano” senza il controllo della nostra volontà, quando determinate condizioni esterne paiono essere in qualche modo pericolose. In questi casi il NED si attiva con la funzione di far “evitare” il pericolo alla persona. Il problema è che in realtà non sussiste il pericolo che il NED immagina, e questo può rovinarci la vita.
La ragione di questo comportamento risiede nel fatto che tali “registrazioni” sono situate in una parte del cervello che è quella che abbiamo in comune con gli animali e che agisce sempre in modo automatico e non “ragiona”, ma “pensa solo in termini di fuga, evitamento ed aggressione.
Questa parte del cervello è comunque saldata con la parte “raziocinante” dove ha sede anche il linguaggio. Così accade che una situazione “pensata” come pericolosa da questa antica parte del cervello, venga poi “espressa” attraverso il linguaggio, che è invece utilizzato per pensare dalla mente “superiore” e raziocinante. In altre parole il linguaggio è il “ponte/collegamento” tra la sede della reazione indesiderata e la mente conscia e razionale.
Come si fa a riconoscere un NED?
Quello che non si sa è che il contenuto “linguistico” dei NED è MOLTO preciso e non approssimato. Se c’è una paura ad esempio di stare all’aperto, lontano da casa, questa paura, nota abitualmente come agorafobia, può essere “causata” da NED anche molto differenti tra loro. Vale a dire che un NED può dire ad esempio: “sono solo qui” oppure “mi sono perso” o ancora “ non so dove sono” . Ognuno di questi tre esempi può provocare agorafobia, ma sono tre NED differenti, perché il contenuto linguistico è differente. La “frase” contenuta nel NED opera come “vascello emotivo” della paura.
Per riconoscere i NED occorre quindi provare diverse frasi che facciano rivivere, anche se su scala ridotta, le paure che si sperimentano nella vita reale. Quando si trova quella “giusta” per la persona, ecco che si avrà immediatamente un “picco” emotivo che ci indicherà che l’avremo “agganciata”, vale dire portata alla presenza e conoscenza della mente conscia e consapevole. Se infatti la frase non è “giusta” potremo sì sperimentare una certa inquietudine, magari anche paura, ma in modo soffocato ed indistinto….come quando si cerca un nome che non viene in mente e lo si ha “sulla punta della lingua” cioè ad un passo dal cosciente. Ma quando la frase è “giusta” allora essa e la paura correlata si palesano in tutta la sua chiarezza.
A quel punto si è pronti per applicare la tecnica standad di EDA per ottenere lo svuotamento emozionale e il corrispondente marcato sollievo.
Una della ragioni degli scarsi risultati di alcune psicoterapie “classiche” risiede nel fatto che il lavoro viene fatto operando molto di più con il conscio della persona che non con il subconscio e quindi il “lavoro” fatto dal terapeuta sulle analisi dei vissuti non è in grado di modificare radicalmente e soprattutto velocemente la parte più inconscia, che continua imperterrita ad operare e reagire come ha sempre fatto.
Quando invece le terapie si sforzano di portare la persona a contatto diretto con le sue paure e a farla interagire con esse, i risultati arrivano, ma questo dipende non tanto dalla tecnica terapeutica impiegata, quanto dalla capacità dell’operatore di portare la persona a diretto contatto con il suo disagio.
Nel caso di EDA, è la stessa persona che, una volta sperimentato e compreso come la tecnica funzioni, prenderà autonomamente l’iniziativa di entrare a contatto con le sue paure e disagi (NED) e percorrerli fino al loro eradicamento.
Anche qui va sottolineato che il coach EDA, quando presente in seduta, NON fa né psicoterapia, né psicoanalisi. Quello che qui si intende con questi due termini è il fornire spiegazioni di causa-effetto circa l’origine del disagio. In EDA coaching non si danno “spiegazioni” del perché una cosa nella mente c’è o non c’è e nemmeno si richiede alla persona (coachee) cosa le è successo nella vita. Il coach si limita ad aiutare la persona a individuare” l’esatto pensiero che si attiva il lei nel momento che il disagio si manifesta e sottoporlo alla tecnica deprogrammatrice di EDA. Sarà la mera applicazione corretta del metodo a dimostrare al coachee che la tecnica funziona.