Spesso si è sentito parlare della dualità e di come questa non sia cosa “buona”. Tutto l’insegnamento spirituale orientale ed anche occidentale mette in guardia dal dualismo.
Ma cosa si intende per dualismo? Il dualismo, o meglio il pensare in modo dualistico consiste sostanzialmente nel creare categorie, classificazioni su tutto quanto possa esser percepito e pensato. Questa operazione viene fatta dalla mente per poter “pensare” e per poter comunicare attraverso il linguaggio.
Il linguaggio è infatti necessario per poterci intendere sulle cose. Se chiediamo ad un’altra persona: “passami un bicchiere d’acqua”, occorre necessariamente condividere il concetto di bicchiere, il significato sottinteso a “passare” e il concetto “d’acqua”. Questo vale per tutto ciò che comunichiamo.
Fino a qui si potrebbe dire: bene, e cosa c’è in questo che non va?
Il punto è comprendere ciò che ostacola o favorisce il senso di benessere. Ebbene accade che quanto più la mente è “impegnata” tanto meno si apprezzano le esperienze.
Per fare un altro esempio, se quando ci mettiamo a tavola invece di rilassarci e mangiare senza “pensare troppo”, continuiamo a rimuginare sui problemi che ci stanno assillando, è garantito che non ci accorgeremo di quello che stiamo mangiando, percepiremo il gusto in modo distratto ed approssimativo e non godremo appieno della qualità di ciò che stiamo gustando. Questo avviene anche quando ascoltiamo musica, o vediamo la televisione o leggiamo un libro o semplicemente stiamo passeggiando per un parco, presi da altri pensieri. Quello che viene fortemente limitato dal nostro lavorìo mentale è la capacità di godere di quello che stiamo sperimentando. Perché avviene?
Perché stiamo intensamente lavorando con ALTRI elementi invece che essere attenti a quelli che ci sono. Il dualismo è dato dalla nostra scissione interiore: viviamo contemporaneamente su mondi differenti.
Ma la medesima cosa avviene se ad esempio guardiamo un oggetto e invece di osservarlo e basta, lo confrontiamo con il nostro “concetto” dell’oggetto: non riusciremo ad osservarlo come esso è. Ogni qualvolta facciamo considerazioni su ciò che osserviamo invece di osservare, ne perdiamo una parte.
Poniamo di osservare un’automobile nuova. Potremmo osservarla senza pensare se ci piace o no, rimanendo puri osservatori, girando lentamente intorno alla vettura, aprendola per vedere come è stata fatta e così via. Ma se cominciamo ad osservare le varie parti ed a confrontarle con il nostro giudizio estetico, la nostra idea di funzionalità, le nostre concezioni di come deve essere un’auto, avremo la mente occupata ad operare su due immagini (dualismo), quella reale e quella mentale……e così facendo ci perderemo moltissimo piacere consistente nell’ “assorbire” lo spirito con cui la vettura è stata realizzata…la nostra esperienza sarà molto più povera e fredda e alla fine insoddisfacente a causa delle barriere poste dal nostro “valutare”.
Quindi il “pensare” mentre si fa, si percepisce, si mangia, si ascolta, si odora, si vede, riduce di molto la qualità delle percezioni.
Ancor peggio accade se di fronte ad un’esperienza, nella nostra mente si forma un giudizio etico, se cioè ciò che stiamo sperimentando viene da noi classificato come buono o cattivo, giusto o sbagliato. Questo fa sì che tutta l’esperienza venga modificata alterata e perfino stravolta.
Se veniamo invitati ad una festa, ad esempio, e ci facciamo l’idea che essa non ci piacerà, che ci saranno persone che non amiamo e non vogliamo vedere, e così via, quella esperienza non solo non ci darà alcun piacere né felicità ma anzi c’è perfino la possibilità che provochi in noi anche dei traumi, delle sofferenze che potrebbero poi permanere in noi per molto tempo.
Ecco che quindi risulta in tutta la sua evidenza la ragione della critica al dualismo: esiste un mondo che è quello che è, e poi esiste un mondo mentale, che è una rappresentazione personale e distorta di ciò che il mondo è, dove esistono le idee di come le cose dovrebbero essere, vorremmo che fossero e così via.
Tutto ciò che nel reale si distanzierà da ciò che noi vogliamo ci porterà verso l’insoddisfazione. Tutto ciò che nel reale si avvicinerà a ciò che noi vogliamo, creerà attaccamento e dipendenza.
Se invece il reale viene sperimentato per quello che da’ e che è senza desiderarlo nè respingerlo, senza frapporvi la mente, saremo in grado di sentirlo e viverlo con pienezza.
(Sergio Davanzo – EDA personal Coaching)