Come avrete letto, il punto di vista di EDA nella considerazione dell’origine degli stati d’animo è un po’ differente dalle impostazioni classiche della psicologia ed anche del normale modo di intendere le questioni mentali e le sue particolarità.
Nell’ambito della scienza della psicologia si tende a definire ad esempio le sofferenze psicologiche sulla base dei vissuti trascorsi della persona, degli influssi familiari, delle esperienze fatte nei primi anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Sulla base dei modelli educativi e genitoriali subiti, e così via.
Questo modo di interpretare gli influssi e i suoi effetti è sicuramente attendibile nelle sue linee principali, nel senso che è indubitabile che quei tipi di influenze sono le responsabili di certe modalità comportamentali, di certe reattività, ed anche del complesso delle capacità ed incapacità di una persona, almeno in parte.
Ma, ed è un grosso ma, una volta fatta questa analisi dell’origine di certi comportamenti, non ci viene detto granché di come questi influssi si possano risolvere. Tipicamente l’approccio psicologista cerca di rendere cosciente alla persona la supposta origine della sua sofferenza o caratteristica sgradita. Purtroppo però il “capire” il perché una persona può ad esempio essere costantemente ansiosa, o aggressiva o depressa, è di fatto poco utile a provocare un cambiamento ed una risoluzione.
La ragione di questa “resistenza” al cambiamento emotivo e caratteriale, nonostante si conosca benissimo il perché del comportamento, è in realtà molto semplice: il meccanismo che produce un comportamento indesiderato non risiede nel campo della coscienza ma alberga nel sub-conscio a cui la coscienza o consapevolezza della persona non riesce ad accedere.
Perché accade questo?
Perché i cosiddetti influssi dei primi anni di vita, dei genitori, dell’ambiente scolastico e così via, operano con un meccanismo che non è dato generalmente dall’esperienza che è stata vissuta, ma molto, molto specificatamente, da COSA la mente ha registrato di quel tipo di influsso e di COME lo ha registrato.
Noi ci esprimiamo attraverso il linguaggio, e questo è chiaro e pacifico per chiunque. Ma quello che si tiene raramente in considerazione è che il linguaggio è anche lo strumento attraverso cui noi PENSIAMO. Noi cioè non possiamo pensare se non con lo strumento del linguaggio e questo è di estrema importanza per capire come gli influssi anche emotivamente negativi entrano nella mente e vi si insediano.
Pensando attraverso il linguaggio noi diamo ad esso un potere immenso. OGNI parola di cui noi abbiamo un significato, corretto o scorretto che sia, diventa una verità, perché il linguaggio è per la nostra mente ciò che in effetti pensiamo. Se ad esempio qualcuno ci dice “sei uno stupido”., noi possiamo credere o non credere a ciò, ma non di meno non dubitiamo del significato della frase e quindi penseremo che siamo stati insultati, oppure presi in giro oppure che ci sia stata detta una verità. A seconda della nostra reattività, avremo un’emozione legata all’ascolto di questa frase, che è l’emozione che la frase PER NOI, porta con se’. Ad esempio se la persona che ci ha detto “sei uno stupido” stava parlando ( secondo noi) seriamente e noi abbiamo l’idea che questa persona sia seria ed attendibile, probabilmente avremo una caduta dell’umore perché prenderemo l’affermazione per vera o verosimile.
Come per questo esempio, esistono migliaia di pensieri che sono associati ad emozioni che possono essere di rabbia, di ansia, di tristezza, di angoscia o anche di gioia,di felicità e di entusiasmo.
Quello che accade quando si assimilano certi influssi ad esempio educativi, è che semplicemente un certo tipo di frasi a cui noi abbiamo in passato creduto perché ad esempio dette dai nostri genitori, sono penetrate nell’inconscio e da lì hanno cominciato a girare ed attivarsi ogni volta che una situazione esterna richiamava tali pensieri “inculcati” dalle frasi dei genitori.
Se ad esempio accadeva che il genitore dicesse spesso “ non sei capace di fare niente”, tale pensiero si è poi installato nel subconscio ed ha cominciato a girare, come un programma software non voluto, attivandosi ogniqualvolta ci fosse stato qualcosa di non ben conosciuto da fare od imparare.
Questa frase, operando in questo modo subdolo, diventa così una “convinzione” radicata circa se stessi, ma in effetti, l’unica causa VERA del perché una persona non riesce a fare cose nuove, e ne ha paura è perché c’è nel subconscio una “voce” che gli ripete qualcosa di molto simile a “ non sei capace di fare niente”.
In altre parole non esiste una incapacità a fare le cose ,ma solo una frase che dice che questa incapacità ci sia: la frase realizza se stessa.
Nella depressione accade una cosa identica: ci sono frasi che indicano una o più impossibilità. Idee del tipo : “non c’è alcuna via d’uscita” , “ non c’è nulla da fare” “ormai è troppo tardi” e via dicendo, sono ESSE STESSE la causa della depressione, perché la depressione è causata da un’idea di impossibilità che “gira” costantemente nella mente.
Attraverso la tecnica EDA si cercherà di individuare la o le frasi che danno queste idee di impossibilità e applicando la tecnica, esse verranno “deprogrammate” come dice il metodo stesso , fino a “svuotarle” della convinzione che la frase esprime. Fatto ciò la depressione scomparirà, perché sarà stata cancellata l’idea di impossibilità che la teneva attiva